Seconda parte dell’approfondimento che vi proponiamo in merito al centenario della nascita della Società San Paolo, voluta dal beato Giacomo Alberione, avvenuta nell’agosto del 1914. In questa seconda parte vi proponiamo l’intervista al regista del film, Massimo My.
Cosa l’ha spinta a realizzare questo film? A chi è rivolta la pellicola?
«Il film è nato dalla ricorrenza del centenario, ma è stata una occasione per conoscere meglio don Alberione e mi sono reso conto che nonostante io frequentassi i paolini da quasi 20anni, non lo conoscevo ancora. Questa consapevolezza mi ha spinto a fare un film per la gente comune e coloro che sono più distanti dalla fede e quelli che non conoscono don Alberione. La cosa di cui mi sono reso conto è che don Alberione è stato un uomo con la mentalità estremamente moderna, era proteso in avanti ed ha realizzato un opera di straordinaria complessità per la difficoltà dei tempi nel quale è vissuto. E’ per questo motivo che ho tentato di fare un film storico e non religioso, ricostruendo il contesto storico degli anni in cui ha operato lui ha per evidenziare le difficoltà che è riuscito a superare grazie al totale affidamento a Dio».
Nel film si ripercorrono i momenti salienti della nascita della Famiglia Paolina, qual è il filo rosso del film?
«Il fil rouge del racconto è l’evoluzione della comunicazione nella Chiesa del XX secolo».
Lei conosce la Famiglia Paolina da tempo, cosa l’ha colpito del carisma di don Alberione?
«Quello che mi ha colpito della figura del primo maestro è stato il suo progetto di portare Dio agli uomini attraverso i mezzi della comunicazione, che ai suoi tempi corrispondevano alla stampa. Lui aveva concepito questo non come una impresa industriale, anche se dal punto di vista pratico lo è dovuto diventare, ma come un apostolato, ovvero come una missione di vita attorno alla quale ha fondato la Famiglia Paolina. Volendo riassumere con le parole di don Silvio Sassi, ex superiore generale della Società San Paolo e recentemente scomparso, don Alberione voleva portare il pulpito fuori dalla chiesa e portarlo dentro le case della gente per raggiungere anche chi non entrava in chiesa. Tutto ciò attraverso i libri, i giornali, riviste e poi televisione, cinema, radio e con tutti i mezzi moderni della comunicazione».
Venendo al film, come è stato realizzato?
«Il film è stato realizzato con le tecnologie più avanzate di lavorazione televisiva: riprese in HD, riprese aeree con droni volanti, computer grafica e post produzione per migliorare l’appeal delle immagini e un importante utilizzo di filmati e fotografie di archivio. Quest’ultimo un vero e proprio patrimonio fondamentale messo a disposizione dall’archivio storico della Famiglia Paolina e acquisito anche da altri archivi internazionali, tra i quali la filmoteca vaticana. Mentre dal punto di vista produttivo il documentario è il risultato di una coproduzione internazionale tra MyMaxEdutaiment, Società San paolo, Mdame (Francia) e Kto (Francia). Questo da al film la possibilità di una diffusione televisiva ampia che porterà il messaggio di don Alberione nel mondo intero un po’ come voleva lui quando ripeteva “la vostra parrocchia sarà il mondo”».
di Francesca Baldini