RIFLESSIONI SULLA MEMORIA DELLA SHOAH
Il destino degli sportivi ebrei sotto il fascismo.
La vicenda di Arpad Weisz: dallo scudetto ad Auschwitz.
Incontro con l’autore: MATTEO MARANI, direttore del Guerin Sportivo
introduce: Prof.ssa Mary Pilastro
MERCOLEDI’ 6 FEBBRAIO 2013 – ore 11.00
Aula Magna del Liceo Scientifico “G.B. Quadri” – Viale Carducci, 17 – VICENZA
INGRESSO LIBERO
Árpád Weisz, sovente italianizzato in Arpad Veisz secondo i dettami dell’autarchia fascista (Solt, 16 aprile 1896 – Auschwitz, 31 gennaio 1944), è stato un calciatore e allenatore di calcio ungherese.
« Fatto sta che di Weisz, a sessant’anni dalla morte, si era perduta ogni traccia. Eppure aveva vinto più di tutti nella sua epoca, un’epoca gloriosa del pallone, aveva conquistato scudetti e coppe. Ben più di tecnici tanto acclamati oggi. […] Sarebbe immaginabile che qualcuno di loro scomparisse di colpo? A lui è successo. »
(Matteo Marani, Dallo scudetto ad Auschwitz.)
Arpad Weisz, Biografia (fonte: wikipedia)
Figlio di due ebrei ungheresi, Weisz fu giocatore di livello medio-alto: giocò per la propria nazionale, anche alle Olimpiadi del 1924, e come calciatore semi-professionista tra Ungheria, Cecoslovacchia, Italia e Uruguay. Dopo gli apprendistati in Sudamerica e all’Alessandria, raggiunse la fama con la vittoria del titolo italiano alla guida dell’Ambrosiana – oggi Inter – nella stagione 1929-1930, la prima disputata a girone unico. Lo scudetto vinto con la squadra nerazzurra fece di Weisz, allora trentaquattrenne, il più giovane allenatore a laurearsi campione d’Italia, record tuttora imbattuto. Nel periodo di permanenza a Milano fu lo scopritore di Giuseppe Meazza. Nel 1930 fu co-autore assieme ad Aldo Molinari di un famoso (all’epoca) manuale, lI giuoco del calcio, all’avanguardia rispetto ai dettami “inglesi” del tempo. Negli anni successivi allenò anche il Novara e il Bari, passando poi nel 1935 al Bologna, dove conquistò i campionati 1935-1936 e 1936-1937. Ssempre coi rossoblu, nel 1937 vinse a Parigi anche il Torneo dell’Esposizione Universale (in un’epoca in cui le coppe europee erano ancora di là da venire), imponendosi con un secco 4-1 ai danni del Chelsea. In seguito alla promulgazione delle leggi razziali, istituite nel 1938 dal regime fascista al potere, Weisz dovette lasciare prima il lavoro e dopo l’Italia, riparando insieme alla moglie Elena (nata Ilona Rechnitzer, pure lei ebrea ungherese) e ai figli Roberto e Clara a Parigi. Dopo pochi mesi, la famiglia Weisz si trasferì nel piccolo paese di Dordrecht, nei Paesi Bassi, dove Arpad allenò con risultati eccezionali la piccola squadra locale del DFC. In seguito all’occupazione tedesca dei Paesi Bassi, i Weisz vennero dapprima rinchiusi in campi di lavoro e, successivamente, deportati nel campo di concentramento di Auschwitz, dove trovarono la morte nel 1944.
Di fatto dimenticato e caduto nell’oblio per quasi quarant’anni, solamente nel gennaio 2009, su iniziativa del Comune di Bologna, è stata posta una targa in sua memoria sotto la torre Maratona nello Stadio Dall’Ara. Il 27 gennaio 2012, in occasione della giornata della memoria, è stata posta una targa anche allo Stadio Giuseppe Meazza di Milano, per ricordare l’allenatore del terzo scudetto nerazzurro. Il 15 gennaio 2013 gli è stato dedicato il quarto di finale di Coppa Italia tra Inter e Bologna, coi giocatori delle due squadre che sono entrati in campo con una maglietta commemorativa.