LA GRAZIA È UN INCONTRO di Padre Adrien Candiard

Martedì 18 marzo 2025 alle ore 18.30 presso la Sala Quadrivium Piazza Santa Marta 2 – Genova (in cima a Via Roma) Padre ADRIEN CANDIARD incontrerà il pubblico in dialogo con Don Francesco Di Comite coordinatore Ufficio Missioni Arcidiocesi di Genova e Mario Predieri presidente Centro Culturale Charles Péguy di Genova in occasione della presentazione del suo ultimo libro “LA GRAZIA È UN INCONTRO. Se Dio ama gratis, perché i comandamenti?” – Libreria Editrice Vaticana

Adrien Candiard (Parigi 1982), dopo essersi dedicato alla politica, nel 2006 è entrato nell’Ordine domenicano. Oggi risiede a Il Cairo, dove è membro dell’Institut dominicain d’études orientales (Ideo) ed è priore del convento domenicano locale. Si occupa di islam e ha scritto diversi saggi di spiritualità. Grazie al libro “Sulla soglia della coscienza” (Emi) ha vinto in Francia il Prix de la liberté intérieure. Nel 2017 ha conseguito il Prix des libraires religieux per il volume “La speranza non è ottimismo”, (Emi 2021) . Altri suoi testi disponibili in italiano: “Fanatismo!”, “Comprendere l’islam”, “Pierre e Mohamed”, tutti editi da Emi. Ha scritto anche l’opera teatrale “Le cinquième évangile”, insignita del Prix Jacques Hamel. Recentemente sono stati pubblicati: “Tolleranza? Meglio il dialogo” (Libreria Editrice Vaticana 2022), “Qualche parola prima dell’Apocalisse” (Libreria Editrice Vaticana 2023)

per presentare la figura di Padre Adrien Mario Predieri lo ha intervistato in esclusiva:

Rev. Padre Adrien, nella Sua biografia non abbiamo potuto fare a meno di notare il passaggio dall’impegno politico alla scelta di entrare nei Domenicani. Una scelta davvero controcorrente nella nostra epoca! Che cosa principalmente L’ha spinta a fare questa scelta? Forse una ricerca dell’essenziale, come intitolava la Sua conferenza al Meeting di Rimini della scorsa estate?

Nato in una famiglia non praticante e moderatamente credente, simile sotto questo aspetto a molte famiglie francesi delle nostre generazioni, ho avuto la fortuna di sentire parlare di Gesù al catechismo fin dall’infanzia e mi sono posto molto presto la domanda della mia vocazione. La chiamata alla vita domenicana si è manifestata durante l’adolescenza, il che non mi ha impedito di esplorare altre strade, in particolare l’impegno politico. Ma a ventitré anni, ciò che mi ha spinto definitivamente verso il noviziato è stata una constatazione semplice: parlare di Dio era ciò che, nella mia vita, mi rendeva più felice. Allora perché non dedicarvi la mia vita?

Dalla Francia, Paese almeno un tempo cristiano, primogenita della Chiesa, si è trasferito per svolgere il Suo ministero in Egitto, al Cairo: oggi la Sua attività è principalmente dedicata al dialogo interreligioso. Non Le pare che in questo tempo esso possa essere secondario rispetto al fatto di dedicarsi a un’opera di evangelizzazione autentica e piena, dato che la diffusione della secolarizzazione e il crollo della pratica religiosa rendono i Cattolici ormai minoranza nella nostra società?

Quando i miei superiori mi hanno inviato in Egitto, inizialmente ho avuto la sensazione che mi mandassero ai confini, a fare diplomazia, mentre altri restavano in Europa per occuparsi dell’essenziale – la Trinità, Tommaso d’Aquino, chissà cos’altro? Ma ho capito presto che non era affatto così. Nella vita cristiana, la questione dell’altro non è secondaria: è al cuore stesso del Vangelo. Una teologia veramente cristiana non può prescindere dagli altri, dai non credenti o dai fedeli di un’altra religione! Non mi hanno mandato ai margini, ma al contrario al centro!

La Sua opera si riferisce continuamente alla realtà e alle problematiche attuali, ma non si limita a un’analisi della situazione, piuttosto coglie come una sorta di provocazione dall’attualità e dalla realtà che oggi i Cattolici vivono e sperimentano. Che cosa chiede ai Cristiani di oggi il tempo che viviamo?

La fede non si vive mai in astratto, fuori da un contesto, ma sempre in vite concrete segnate da una cultura, da un’attualità… E la nostra attualità è – tra le altre cose – quella della fine della cristianità, di una fede cattolica che organizzava la società. È una svolta angosciante, perché i quadri tradizionali stanno scomparendo, ma è anche una sfida straordinaria che dobbiamo affrontare con speranza, perché dopotutto è Dio che rimane il padrone del tempo e della storia. Sta a noi metterci in ascolto della voce dello Spirito, che non parla nel passato, ma sempre oggi!

Nel 2023 Lei ha pubblicato “Qualche parola prima dell’Apocalisse”. Il cristianesimo ha una parola da dire di fronte alle vicende «apocalittiche» di questi ultimi anni: pandemia da Covid-19, disastri e cambiamenti climatici, guerra in Europa?

In ogni caso, Gesù ne parla, in quel piccolo discorso detto “apocalittico” (per esempio il capitolo 13 del Vangelo di Marco), che non si legge molto spesso. Mi è sembrato importante rileggerlo seriamente, considerando la nostra attualità drammatica. Cosa dice? Che dobbiamo affrontare le radici del male, il peccato che minaccia sempre il cuore dell’uomo e che può condurci a catastrofi collettive, perché il male è realmente distruttivo. La conversione o il disastro: questa è l’alternativa posta da Gesù, ed è qualcosa su cui dobbiamo riflettere seriamente.

I Suoi libri sono diventati dei piccoli best – sellers anche in Italia: a che domanda pensa abbiano risposto? Ovvero qual è il messaggio importante che i lettori vi cercano e, almeno in parte, vi trovano?

Credo che una parte del successo di questi libri derivi dal loro carattere biblico. Si tratta sempre di mettersi in ascolto della Parola di Dio, e penso che sia proprio questo di cui molti lettori sentono il bisogno: non di ascoltare la mia voce, ma di ricevere un aiuto per ascoltare quella del Signore. Ecco perché i lettori trovano spesso nei miei libri molto più di quanto avrei saputo metterci io stesso: tutto è grazia!

Il più recente Suo testo pubblicato in Italia “La grazia è un incontro” lega il tema della Grazia al tema della felicità: perché questi due temi sono intimamente collegati tra loro?

È Gesù il primo a legare questi due temi, in quel grande discorso che chiamiamo il Discorso della Montagna (i capitoli 5-7 del Vangelo di Matteo), che si apre con una dichiarazione importante sulla felicità, le Beatitudini, prima di entrare nel dettaglio delle esigenze della vita cristiana. Ma il nostro errore è quello di voler sempre meritare la felicità, mentre questa si riceve come un dono, un dono gratuito, un dono della grazia.

Nei Suoi libri, come si è accennato, Lei ha spesso sintetizzato le sfide che i Cristiani oggi si trovano di fronte nel nostro tempo: guardando quello che accade spesso si finisce per cadere nel pessimismo. Che cosa può darci oggi speranza?

Dall’inizio della predicazione di Gesù fino a oggi, nulla è mai andato come previsto. I nostri piani più ingegnosi faticano a raggiungere i loro obiettivi. Eppure, in tutto questo, la grazia di Dio trova spazio per passare e la Buona Novella viene annunciata al mondo. Oggi in Francia, senza che ci sia una spiegazione chiara e in un contesto apparentemente sfavorevole, il numero delle richieste di battesimo per adulti e adolescenti sta esplodendo… Le chiamate dello Spirito, che raramente si trovano dove le aspettiamo!